Gina la tartarughina

Gina la tartarughinaLa natura, fonte inesauribile di lezioni di vita pratica, se sai osservarla in Presenza ti insegna molto sul senso della vita almeno sotto il profilo biologico ma non solo. Vi racconto una breve storia, quella di Gina (una tartaruga marina appena nata) che ho incontrato nel bagnasciuga dell’oceano in una passeggiata di primo mattino fatta con la mia compagna di viaggio Francesca e che mi ha dato lo spunto per alcune riflessioni che condivido con voi. A momenti quasi non la notavo tanto era piccola ed immobile sul bagnasciuga; una tartarughina ultima nata di una schiusa di uova avvenuta da poco; le sue sorelle avevano preso la via del mare e lei per ultima era rimasta lì, sembrava bloccata, le onde provavano ad afferrarla per trascinarla in mare ma lei ad ogni tentativo rispondeva puntando le zampine sulla sabbia e cercando di resistere alla risacca del mare. Evidentemente aveva subito uno shock conflittuale ed in PCL non aveva le energie e la determinazione per affrontare le onde che erano per lei molto grandi. Guardai il litorale in profondità e notai che un paio di chilometri più avanti il mare appariva calmo e meno minaccioso per cui presi la decisione di prenderla in mano e darle qualche opportunità in più per realizzare il senso biologico della sua esistenza, raggiungere il mare aperto. Mentre camminavo verso questo tratto di mare tranquillo mi chiedevo quante chance potesse avere una tartarughina di sopravvivere in questa situazione. Ricordo di aver sentito in un documentario sulle tartarughe di mare che oltre il 99% non sopravvive ai primi giorni di vita, la sopravvivenza viene favorita dal gran numero di esemplari di ogni nido per garantire la sopravvivenza della specie prima ancora che del singolo individuo. Gina tuttavia aveva già fortunosamente evitato di essere un facile boccone da parte dei numerosi uccelli acquatici e ora mi sentivo partecipe nell’aiutarla a superare almeno le prime ore di vita. Arrivo finalmente nel tratto di mare indicato e mi immergo nelle acque antistanti portando Gina nelle mie mani. Provo a liberarla ma noto che lei fatica a rimanere in una posizione di galleggiamento stabile, onde non ce ne sono e le leggere ondine sembrano sufficienti per farla rovesciare in continuazione, Gina annaspa e fatica, almeno apparentemente , a respirare, allunga il suo piccolo collo per cercare di uscire con la testa dal mare. Più volte mi affretto a soccorrerla e penso che probabilmente la natura e l’intensità degli shock che ha vissuto siano tali da renderla inadeguata alla sopravvivenza. In fondo, pensai, la natura ha le sue leggi che vanno oltre l’umana compassione. Un po’ dispiaciuto per questa ultima riflessione continuai ciò nonostante ad aiutarla a respirare e a ritrovare un equilibrio nel suo galleggiamento. Dopo qualche tempo notai che Gina sembrava riprendersi dal suo stato di shock, prendeva fiato e puntava nuotando con energia verso il fondo ma sembrava non riuscirci come se il sedere continuasse a farla galleggiare. Ma lei non desisteva e dopo poco iniziò ad immergersi più in profondità, stava imparando ad usare gli strumenti per l’immersione di cui era naturalmente dotata. Era comunque rimasta sempre vicino a me, in attesa di prendere la decisione di prendere il largo. Ero felice di questi suoi rapidi progressi e mi divertivo nel vederla provare e riprovare ad immergersi riuscendo ad andare sempre più vicino al fondo sabbioso. Ma ahimè la vita è fatta anche di separazioni, necessarie per permettere ad ognuno di seguire la propria strada e realizzare il senso della propria esistenza, così all’improvviso Gina si diresse nuotando con vigore verso il largo e a me non rimase altro che osservarla con soddisfazione. Mentre si allontanava sempre più, mi preoccupai per lei, era così piccola ed indifesa, apparentemente abbandonata al suo destino e così mi ricordai della mia infanzia, cresciuto in una famiglia con scarsa propensione all’accudimento imparai fin da piccolo a cavarmela da solo crescendo nelle strade, anzi no, in riva al mare visto che abitavo a pochi metri dal mare. Così la mia infanzia la passai perlopiù da solo ma avendo come amico il mare con i suoi pesci, i granchi e innumerevoli altre creature marine. Imparai ad entrare in relazione con esso ad un livello molto profondo. Devo molto al mio rapporto con il mare, mi ha permesso di acquisire una particolare sensibilità. Osservando ora Gina allontanarsi veloce da me la salutai con un grande augurio mentre una lacrima mi rigava il volto: ‘auguri Gina ce la puoi fare, io ce l’ho fatta e sono sicuro che ce la farai anche tu’. Mi sciacquo il viso per non far vedere che avevo pianto e torno anch’io a nuotare nel mare della vita. Grazie Gina per questo incontro apparentemente così fortuito ma ricco di emozione e di….vita.

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Questo articolo ha 4 commenti.

  1. mariuccia

    Grazie per aver condiviso questo momento di cuore,grazie per il messaggio di vita. Mariu’

  2. Lorenza

    E’sempre un piacere leggere le sue riflessioni….mi danno modo di riflettere sui miei gesti quotidiani e “raddrizzare “la rotta….grazie

  3. stefania pozzebon

    grazie.forse è quello che devo fare con i miei figli accompagnarli nella loro crescita senza troppo reprimerli per poi lasciarli andare quando loro saranno pronti.speriamo di farcela.

  4. silvia

    Grazie Adriano!

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