L'importanza della posizione

Il consulente professionista nell’ambito della salute deve prestare particolare attenzione alla sua posizione al fine di essere del massimo aiuto possibile al cliente. Non solo, è indispensabile che il consulente pure comprenda e rispetti la posizione del cliente evitando di forzarlo a fare delle scelte precostituite dal consulente e irrispettose della soggettività ed unicità della persona oggetto di tale aiuto.
Purtroppo i professionisti in questo ambito spesso non hanno alcuna formazione al riguardo ed assumono atteggiamenti paternalistici e insolenti; tipica al riguardo è la frase pronunciata a chi chiede maggiori informazioni riguardo alle diagnosi o alle terapie appena proposte: “il medico sono io, si limiti a fare quello che le dico”.
La consulenza in naturopatia prevede sicuramente molta più attenzione personale ed empatica verso il cliente dovuta quantomeno alla visione olistica o globale propria della disciplina naturopatica.
Il Naturopata infatti non cura le patologie perché crede che nessuno possa sostituirsi al cliente stesso nel farlo; ognuno deve essere padrone della propria vita e della propria salute e responsabile delle proprie scelte come pure delle conseguenze di tali scelte. Ovviamente nessuno razionalmente desidera ammalarsi, infatti dalla medicina di Hamer abbiamo compreso che le malattie sono la conseguenza di shock conflittuali che la vita ci riserva e che sono inaspettati, ci colgono in contropiede e non possono essere evitati.
Diversa è invece la questione quando parliamo delle risorse individuali per risolvere tali conflitti; tutti siamo dotati di tali risorse o capacità, ma spesso non riusciamo a portare in risoluzione o conflittolisi i traumi a causa delle nostre convinzioni limitanti.
E’ proprio in questo che il consulente dovrebbe essere di aiuto.

In primis, il consulente deve essere pienamente consapevole che quello che può dare al suo cliente non è altro che la sua esperienza, il suo vissuto e l’uso di strumenti che negli anni ha capito sono efficaci. Anche il consulente però è un “malato”, nel senso che anche lui nel corso della sua vita ha vissuto molti DHS e probabilmente non sempre è riuscito a completare i processi bifasici delle malattie e pertanto, potrà presentare anche lui dei disturbi di tipo cronico. Questo dovrebbe renderlo più umile, privarlo di quella presunzione tipica di chi pensa di avere la verità in tasca, più rispettoso della posizione del cliente evitando assolutamente di giudicarlo nelle sue scelte e nelle sue credenze.
Un buon punto di partenza per una buona consulenza è quindi un atteggiamento umile da parte del consulente. Egli deve farsi più piccolo del cliente così da favorire il travaso di tutte quelle informazioni che serviranno poi alla consulenza. Non posso fare a meno di pensare alla figura di Gesù; uomo molto sapiente e con una personalità sicura di sé e molto strutturata; eppure anche i bambini si sentivano a suo agio con lui, le prostitute e gli esattori di tasse che erano da tutti disprezzati proprio perché giudicati, venivano da Lui per chiedere aiuto e si sentivano capiti e non condannati per i loro peccati.
Anche il consulente nel suo piccolo dovrebbe sforzarsi di essere così. Anche lui ha le sue convinzioni ma queste non dovrebbero permettergli di pontificare. Il cliente va rispettato in tutte le sue convinzioni (egli è il risultato di tutte le sue convinzioni), anzi queste vanno considerate il punto di partenza su cui edificare qualcosa di nuovo che permetta al cliente di uscire dalle sue ipnosi.
Le ipnosi sono convinzioni oggettivamente non vere (soggettivamente però possono essere verissime, come i ‘miti’ che sono veri fintantoché sono creduti tali) che limitano fortemente la capacità della persona di uscire dalle proprie bolle di memoria. Queste sono ricordi che limitano il proprio giudizio ma soprattutto la propria capacità di reagire. Il cliente infatti se sta male sotto il profilo psichico-emotivo-fisico è tale perché ha vissuto dei conflitti o DHS da cui non si è mai liberato, rimanendo così nella fase simpaticotonica nel percorso bifasico delle ‘malattie’ e senza avere mai veramente risolto quei conflitti.
Se però provo io a dirgli cosa deve fare per portare questi conflitti in risoluzione probabilmente mi scontrerò con il muro delle sue convinzioni ipnotiche, il che ovviamente non risolve nulla. Mi devo allora avvalere di domande la cui risposta da parte del cliente lo aiuti gradualmente a destrutturate queste bolle di memoria e a capire che forse è possibile operare diversamente da come ha sempre fatto fino ad ora, proprio grazie alla visione delle proprie convinzioni ipnotiche.

Frasi che rivelano delle ipnosi sono ad esempio:

non riesco ad uscire da questa situazione
è sempre la stessa storia
mi manca la forza per farlo
sono sempre stato così
nessuno può capire il mio problema
ecc. ecc. ecc.

Una caratteristica di queste frasi sono i toni assoluti, perentori che non lasciano spazio alla possibilità che le cose siano diverse o che possano andare diversamente.
Ciò che il consulente può fare per aiutare il cliente ad uscire da queste ipnosi è usare le seguenti domande:

come, quando, dove, in che modo

Sono domande che aiutano a specificare quale sia il sentito del cliente. Lo aiutano ad uscire dalla bolla della sua convinzione e ad osservarla da una posizione nuova, distaccata e con un nuovo punto di vista. Così frasi come:

mi manca la forza per farlo

possono diventare:

oggi non ho la forza per farlo ma non è detto che domani sarà così.

Aiuto così a mettere in dubbio le convinzioni auto limitanti, premessa indispensabile per uscire dalle ipnosi.
L’unica domanda che non aiuta in questo processo è:

perché

la ragione è semplice, “perché” costringe a ritornare sul mentale e ad uscire dalla sfera profonda del sé per emettere un giudizio il che fa ricadere nelle convinzioni ipnotiche. Si interrompe così il processo di destrutturazione delle bolle.
Mai usare il “perché”.
Le frasi ipnotiche si riconoscono anche per un’altra caratteristica: sono generiche, non specifiche.
Ad esempio potrebbero essere:

dovrei cambiare la mia vita
sarebbe giusto fare questa cosa
ovviamente, di solito, dicono, tutti sanno ecc.

Anche l’utilizzo di frasi famose o l’uso di luoghi comuni sono quasi sempre ipnosi.
Spesso, anche se inconsciamente, il cliente userà le parole nel tentativo di confondere il consulente, di metterlo fuori strada così da impedirgli di mettere a fuoco i veri problemi e quindi di additare delle vere soluzioni.
Il consulente, smaliziato, non cadrà in queste trappole solo se sarà percettivo anche del non verbale. A questo fine la bioenergologia è preziosa perché è una comunicazione inconscia non modificata o alterata dagli artifizi della psiche.
Anche la posizione assunta dal cliente, il cambio di una posizione, piccole smorfie, la posizione degli occhi mentre ricorda, rughe, lapsus, piccole amnesie, parole che si strozzano in gola, occhi umidi o pianto, frasi fuori contesto e altro possono aiutare il consulente a capire se ciò che il cliente dice lo sente veramente, se è congruo e coerente, se recita una parte ma lui non è veramente così, ecc. ecc.
In conclusione penso abbiate capito che fare il consulente in Naturopatia e nelle 5 leggi biologiche, tenendo conto di quanto appena detto, non sia per niente facile perché, non richiede distaccata professionalità ma al contrario:

sincero interesse per la persona
umiltà
empatia
essere presenti a se stesso
nessun giudizio
sensibilità
non avere la verità in tasca
rispetto per l’altrui posizione
nessuna presunzione di curare

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